Perché si iscrivono a psicologia?
- con l’idea di aiutare gli altri e/o se stess@.
- con curiosità per le persone,
- col delirio di onnipotenza di salvare il mondo, o di migliorarlo,
- combattere le ingiustizie,
- sentirsi importanti per le persone….
…e altre motivazioni, davvero diverse tra loro.
Decidono un percorso che, principalmente, è rivolto a se stess@ e devono mettere in discussione ciò che sono, ciò in cui credono, ciò che hanno sempre fatto, anche se non tutti decidono di lavorare su di sé, facendo disastri nucleari su sugli altri, una volta cominciato il lavoro vero.
Mentre studiano e mentre cercano di perseguire la loro scelta, vengono stigmatizzat@, presi in giro, messi in relazione a chi fa i tarocchi o a chi legge l’oroscopo. Non è solo ignoranza del non sapere, del non conoscere, è l’ignoranza che viene colmata con i pregiudizi. Ancora troppe persone pensano che, se accedono a questo tipo di servizio, saranno deboli o matti. Ci vuole sempre tempo per l’evoluzione dell’ essere umano, ma non credevo così tanto.
Quando, finalmente, arriva la laurea, li chiamano dottore o dottoressa, sempre con quella vena un po’ sarcastica di chi pensa, dentro di sé, che hai buttato via cinque anni per dire agli altri quello che si potevano dire da soli.
Successivamente, si dà l’esame di Stato, che presume altri mesi e mesi di studio. Successivamente, si può decidere di specializzarsi, altri quattro anni, per lavorare ancora di più su di sé e per diventare sempre più esperti. E,, poi continui corsi, ogni anno, giustamente necessari per tenersi aggiornati. Dimenticavo: ovviamente è tutto economicamente sulle spalle dell@ psicolog@. Nel percorso non regala niente nessuno. Le scelte sono tante e, ognun@, fa la propria, in base agli obiettivi che ha. Se facciamo due conti, degli anni, dell’impegno, dei soldi e dello studio che servono, è davvero tanta roba. Bellissima, aggiungo io. Però continuiamo ad essere quell@ che prendono in giro le persone, quell@ che facciamo le chiacchierate. Manco fossimo al bar.
Un altro pregiudizio è che, siccome siamo una professione di aiuto, dobbiamo svolgerla, quasi sempre, gratuitamente, perché, nel pensare comune, “ le persone hanno bisogno”. Posso assicurare che, incontri o percorsi accessibili ce ne sono in quantità industriale. Da sempre. Basta informarsi. Nessuno deve dimenticare che, il nostro lavoro, È UN LAVORO. Non solo, è un lavoro che ti può cambiare la vita. È un investimento importante, duraturo che va scelto.
Per fortuna, ci sono sempre più persone che utilizzano e apprezzano questo tipo di servizio, dal quale hanno potuto avere strumenti per cambiare la loro vita e hanno potuto conoscere meglio se stess@ e quello che volevano.
Sono momenti meravigliosi quando una persona sboccia di nuovo.
Ovviamente, come in tutti i settori, ci sono i ciarlatani. Motivo in più, per scegliere accuratamente il professionista e sentire bene se siamo nel posto giusto. Diffidate di soluzioni magiche e immediate!
Che dire della vita privata dell@ psicolog@?
- molta gente pensa che siamo a disposizione, siamo tutti buoni e pronti ad aiutare. Parlano di “vocazione”. In parte ci può stare ma vorrei svelare un segreto: come tutte le altre persone, anche noi decidiamo chi, dove e come e quando e, soprattutto, ci rompiamo le balle come tutti gli altri.
- non sappiamo mai se le persone ci sono amiche perché hanno bisogno o perché ci vogliono bene e basta. So che il confine tra bisogno e affetto è molto sottile e, spesso, convivono ma, l’esperienza, porta ad avere questo dubbio. È difficile, per gli altri, delineare il limite tra le relazioni personali e la parte professionale.
- Anche noi siamo esseri umani e abbiamo momenti di difficoltà. Abbiamo bisogno degli altri, ebbene sì, che, puntualmente, spariscono (non tutti), perché tanto noi “siamo forti”.
- Amici e parenti parlano con noi, chiedono, però non si fidano: “vabbè ma tu vedi sempre ciò che non c’è, esageri, ma figurati”. In realtà percepiamo ciò che gli altri, a volte, non vedono. Fa parte del nostro lavoro e di ciò che siamo.
- Se andiamo da altri professionisti in altri campi, ci viene richiesto, in modo quasi scontato, di essere comprensivi se qualcosa non va o non sono abbastanza gentili o puntuali: ” Scusa ma proprio tu che fai l@ psicolog@….!”. Vorrei mettere luce su questa cosa: se andiamo da un medico o da qualunque altro professionista di cui abbiamo bisogno, i pazienti siamo noi, i clienti siamo noi. La cura è verso di noi. Non siamo noi che dobbiamo svolgere un compito. La nostra meravigliosa attività, viene svolta in studio, con le persone che scelgono di lavorare con noi. E va protetta, in quanto tale.
- dopo il lavoro, dopo tanto lavoro, non amiamo particolarmente uscire per “ chiacchierare”. Non è una cosa che ci svaga, come accade normalmente agli altri. Questo non vuol dire che non possiamo andare ad una festa o ad una mangiata. Vuole dire, che uscire con un’altra persona solo per parlare, è molto stressante, anche se a questa persona teniamo molto. È sicuramente più facile e piacevole nel weekend o in periodi in cui non si lavora tanto. È difficile capirlo per chi non fa questo lavoro. Va compreso e accettato.
- Quando sveliamo che lavoro facciamo ci sono diverse reazioni molto interessanti: curiosità, stupore, interesse, soggezione, sarcasmo, irrigidimento, domande strane, richieste su problemi personali.
Alcune situazioni nei rapporti di coppia: ci sono dei luoghi comuni che potrebbero ripetersi:
- L’altra persona può essere soggetta a pregiudizi da parte degli altri, come per esempio: “stai con un@ psicolog@ che ti analizzerà tutto il tempo”
- L’altra persona può acquisire o rifiutare le modalità in cui l@ psicolog@ vede il mondo. A volte è davvero difficile vedere ciò che prima non si vedeva, svelare ciò che non era ancora apparso alla coscienza.
- L@ psicolog@ deve stare attento a non creare un rapporto di psicoterapia quando cerca di aiutare la persona con cui è in relazione.
- Si può ricreare di nuovo il pregiudizio sopra citato dove, l@ psicolog@, è una persona forte che non ha bisogno di niente e quindi l’altr@ può pensare di non doverlo aiutare.
- È possibile pensare che, l@ psicolog@ , sia una persona risolta e pronta ad ogni cosa “tanto tu hai tutte le strategie per essere felice”, la frase top.
Eccoci alla fine di una curiosa riflessione, per dare la possibilità, a tutti, di avere una unica certezza, ribadita ad oltranza: siamo esseri umani anche noi.