“Accade qualcosa nel Presente.
Fa male. Non sembra così importante da giustificare quel dolore.
Allora accade di guardare indietro.”
Perché è una sensazione che conosco bene. Seguo la linea che dal passato arriva proprio qui, dove sono ora. Mi accorgo delle innumerevoli volte che ho provato questa sensazione: episodio dopo episodio, ricostruisco un instancabile ripetersi di quell’evento.
Cambiano solo attori e contesti. La dinamica, però, è la stessa. Ogni volta non mi è stato mai restituito un motivo se non che ero io a non andare bene. Non so ancora perché. Puntualmente le persone si sono arrogate il diritto di aggredire e scomparire, lasciandomi in regalo mille dubbi e una ferita che, senza risposte, vaga nel senso di colpa. La reiterazione di una situazione presume uno schema. I dubbi che mi hanno lasciato, creano nebbia nel trovare la mia ovvia responsabilità: un fosso è fatto da due rive. Vago alla Ricerca di un mio atteggiamento ma faccio fatica a pensare di poter essere così cattivo da generare quel tipo di reazione negli altri. Mi fa paura pensarlo. È come essere un po’ dott jekill e mister hide. Sono un mostro inconsapevole?
Conosco qualche mia parte scomoda e pesante ma mai credo potrebbero generare ciò che ho spesso ricevuto.
E così rimugino, penso, cerco invano, mentre il mio bambino interno soffre come quando, da piccolo, lo colpevolizzavano, lo lasciavano solo o lo prendevano in giro. Quel bambino ha sempre voluto “sentirsi parte”. Per me Erano subito tutti amici per la pelle. Partiva un entusiasmo oltre misura quando qualcuno stava bene con me. Come un cucciolo che scodinzola dalla felicità. Poi gli abbandoni. Da un momento all’altro. Dove ero io quello che non andava bene. Sempre. Non avevamo detto che un fosso aveva due rive?
Mentre lo dico, sento la morsa al petto e una gran voglia di chiedere perché, gridando e urlando tutto il mio dolore, la mia rabbia, la mia tristezza, la mia impotenza. Perché non posso FARE PARTE anche io?”