“Non riesco a vedere la luce.
Cerco di immaginarla.
A volte mi sembra di averla intravista.
La rincorro, pensando che sia la volta buona e che il mondo avrà qualcosa anche per me.
Invece, sono talmente abituato al buco, che evito chi mi tende la mano.
Vado verso chi mi usa come il sacco delle botte, perché, paradossalmente, lo sento più familiare: ho l’illusione di essere più al sicuro.
Dentro di me, ci sono dolori dell’anima che non si potranno sanare, dolori che creano una spaccatura talmente profonda e interminabile, da inghiottirmi.
Non posso ammetterlo a me stesso. Guarderei negli occhi la mia follia.
E, così, cerco di riunire quei miliardi di pezzi, chiedendo e chiedendo ancora considerazione alle persone sbagliate, quelle che pretenderanno in cambio la mia anima, come Lucifero, in un opportunismo omicida.
Girovago tra la gente, cercando, da tutta la vita, qualcuno o qualcosa che mi faccia sentire “intero, ammirato, incluso” e, allo stesso tempo, scavo una fossa sempre più profonda, porgendo la pala, a chi mi compra con poche parole, su una vita migliore. Porto un sorriso pieno di dolore e orrore, che nessuno vuole vedere, convivendo con una disperazione insanabile, di chi non esiste più.
O di chi non è mai esistito.
Poi divento ciò che mi hanno fatto: le emozioni sono fuori controllo, contro tutti e contro di me.
Mi sento qualcuno o, meglio, sento che alcuni mi considerano, mi incitano, vogliono essere come me, mi idolatrano. Internamente, le mie grida, diventano di una furia cieca, che mai si è palesata così potente.
Distruggo e l’onnipotenza mi pervade.
Metto in scena ciò che vogliono vedere. Applausi….?
Torna quella sensazione di inclusione, fino al momento in cui, il mondo, fa scendere il sipario e mi ritrovo ad essere l’ennesimo involucro vuoto.
Se torno me stesso, nessuno è disposto a rimanere.
Allora chi devo essere? La maschera pesa da impazzire. Non funziona più.
Devo spegnermi, devo tornare nel mio mondo di follia, anche se l’abisso è profondo.
Cerco di nascondere a me stesso l’orrore subìto ma non funziona.
Sono l’eco, del mio essere lo zimbello, del prossimo che incontrerò.
Un destino, con coazione a ripetere, perché conosco solo quello.
Un circuito chiuso dove mi sono perso, dove sono terrorizzato, dove sono solo e senza una identità, senza un motivo per vivere. Dentro di me, starò per sempre con chi mi ha perseguitato, con chi mi ha tolto la vita e tutti i miei diritti e, nessuno, verrà mai a prendermi.
Nessuno verrà mai a salvarmi. Sai qual è la comicità in tutto questo?
Che se guardi bene, sono io che ho la chiave ma continuerò, per sempre, a cercarla”.