Distacchi E Abbandono: Quando La Vita Deve Evolvere Attraverso Il “Lasciare Andare”

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Distacchi E Abbandono: Quando La Vita Deve Evolvere Attraverso Il “Lasciare Andare”


Nascita e morte, i due estremi della vita, il momento in cui si regala inconsapevolmente la più grande felicità ai propri cari e quello in cui si lascia tristezza tra essi, sono accomunate da un particolare aspetto che caratterizza tutta la vita umana: il distacco.

Appena dopo la nascita, il bambino subisce la prima separazione, quella dalla madre, dovuta alla recisione del cordone ombelicale; questa può essere vista come un atto simbolico, con il quale si vuole intendere che il percorso di un uomo può iniziare solo con una necessaria separazione.

Quando il neonato inizia a respirare, dà avvio al proprio ciclo vitale e si avvicina inesorabilmente al momento in cui questa attività spontanea e imprescindibile cesserà di funzionare; tuttavia egli non prova paura per questo fine ultimo, perché la separazione dal mondo umano sarà preceduta da altri, innumerevoli e dolorosi cambiamenti, accompagnati da altrettante preoccupazioni.
Spesso è necessario abbandonare qualcosa o qualcuno, o quantomeno metterlo in discussione, per accettare queste novità; esse hanno differente importanza in base alle persone o alle cose che coinvolgono e alla solidità dei legami, delle certezze precedenti.

Alcuni distacchi, quasi sempre quelli più dolorosi, sono obbligati, non decisi o voluti in prima persona: la morte di un genitore, ad esempio, può essere per un figlio un evento drammatico e sconvolgente, che il giovane non potrà evitare o posticipare, ma al quale dovrà rassegnarsi e dopo la quale dovrà accettare il cambiamento avvenuto, cercando di proseguire il percorso intrapreso in precedenza.

Altre separazioni sono meno dolorose e, a volte, non indispensabili, o comunque volute dallo stesso individuo per fini pratici: l’allontanamento dalla terra nativa, ad esempio, può avvenire per motivi di lavoro o di benessere economico; esso non è necessario, ma poiché garantisce condizioni di vita migliori, viene accettato con più semplicità.
Ciò che inquieta non sono i cambiamenti grandi che coinvolgono un’intera popolazione o l’intero pianeta, ma quelli a breve termine, quelli cioè che riguardano noi stessi e che ci lasciano soli ad affrontare una situazione o una decisione che cambierà solo la nostra vita.

Si pensi all’energia nucleare: essa può rappresentare un grandissimo motivo di interesse economico per molti paesi mondiali, ma anche una grave minaccia alla salute di tutti, eppure nessuno è veramente preoccupato per l’utilizzo che verrà fatto di essa, perché sa che qualsiasi decisione verrà presa, questa riguarderà tutta la popolazione mondiale; inoltre un pensiero ricorrente è che ci sarà sempre qualcun altro che cercherà di trovare una soluzione a questo problema.

Quando dobbiamo invece affrontare un cambiamento che dipende solo da noi, le nostre paure e i vecchi schemi si attivano creando le resistenze. Anche per cose semplici su cui abbiamo costruito abitudini che ci danno sicurezza. Una attività in un determinato giorno o orario o avere pensieri ricorrenti che non ci fanno bene ma che continuiamo a riproporci. I rituali, che siano positivi o negativi, sono duri da abbandonare perché diventano parte di noi e di ciò che crea la zona di comfort.

Il distacco viene visto con terrore e angoscia perché la nostra società ne è meno abituata.
Il rischio è di allontanarsi dalla realtà per poterla sopportare meglio e provare meno timori ma, rimuovendo lo smarrimento, ci si priva della possibile reazione costruttiva e formativa.
Non si sa cosa avverrà dopo il cambiamento, ma se si osa tentarlo si avrà anche la forza di riparare ad eventuali errori: l’unico modo per crescere è imparare dai propri errori, non evitare di farne.

I bambini sono la raffigurazione di questa corrente di pensiero nella società contemporanea: spesso maleducati, aggressivi, paurosi, pigri e arroganti. Viene spesso negata loro la possibilità di crescere attraverso la sofferenza e gli sbagli, tramite il distacco. Ciò che appare giusto è invece la “discesa agli Inferi” delle nostre paure, per riemergere più maturi, l’iniziale smarrimento per tornare poi sulla retta via.

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